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al testo di Stefano Verrengia
Rapsodia in Re min
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RAPSODIA IN RE MIN Mi scorri dentro, lurida e imperiosa come il Tevere, putrida strofa di becere sensazioni. Pura e luminosa come un raggio di luna, invece, le volte del buio illumini, pallido riso della galassia. Il mio cuore è intriso, affogato nella poesia, come un bimbo che non sa nuotare. E in questo limbo come bisbiglia l'azzurro al mattino, come bisbiglia l'azzurro al mattino ... ma urlano selvagge le tenebre, urlano come l oceano ruggente, con tuoni e onde sugli scogli. Questi cieli Bianchi che sono i fogli e questo cannocchiale di nome penna non hanno visto che buio, il buio dell’inchiostro, il mostro che mi mangia l'anima come un Goya senza pace, come una brace la legna scricchiolante come ossa malandate... e andate, andate sono le giornate in cui gioivo di una donna, di un buon vino, immerso nella luce come in una vasca immensa a rilassarmi, e l'eterno era la mensa dove potevo mangiare a sazietà stelle ed infinito. Ora c'è il nulla che bussa al mio petto, ora c'è la polvere che mi accarezza in queste stanze trascurate, in queste danze macabre. Curate, curate miei pensieri, velieri scricchiolanti dalle vele lacerate, curate le rotte e affogate nell'orizzonte, lì dove l'onte sbiadiscono oltre le grigie nuvole, lì dove una fonte ignota questo nero fiume fa fluire. Versi miei, piume di gallo, vi spenneranno per il brodo: ciò di cui godo non mi darete e finirete con me nella merda, nell'immondizia e nella fossa. Ma non preoccupatevi, la poesia è un cibo che può andare di traverso a chi non sta attento alle ossa.
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